Grazie al mio lavoro di Web Editor per il portale di architettura “Floornature.it” ho avuto modo di conoscere e scrivere di Around Heart, un gruppo di ragazzi sardi, Livio Mudulu e Gabriele Careddu, pieni di energia e talento, che hanno esplorato l’Islanda e ne hanno fatto un reportage mozzafiato.


( Potete trovare qui il mio articolo su Around Heart pubblicato su Floornature )
Ho intervistato Livio Mudulu, responsabile della comunicazione del gruppo, a Settembre 2016 e non potevo non condividere queste sue parole. Non solo perché fanno capire la passione che li anima, ma anche perché danno una panoramica sul lavoro di fotografo di paesaggio. Un lavoro che non è affatto una passeggiata, bensì un’esplorazione piena di imprevisti e rischi, ma che dà i suoi frutti se gestita con tanta bravura e attenzione al dettaglio come fanno questi fotografi.
Al momento Livio e Gabriele stanno quasi per concludere un tour fotografico di quasi 10mila km che li ha portati a percorrere mezza Europa in un mese. Per seguirli in questa e altre ambiziose avventure e per godervi i loro scatti, visitate la loro pagina Facebook, sempre piena di notizie e costanti aggiornamenti.
Buona lettura!
Ciao Livio, ci parli di Around Heart e dei suoi intenti?
Innanzitutto ci presentiamo e siamo onorati per questa intervista. Siamo Livio, Gabriele e Maurizio (che ad oggi non è più nel gruppo perché ha scelto di intraprendere un percorso a parte, ndr), tre ragazzi sardi con la passione per la fotografia, che ci ha fatto incontrare e ha fatto nascere tra noi un’intesa straordinaria, essendo tutti e tre amanti della natura e dell’avventura, la base di quello che è la nostra più grande motivazione.
Il progetto Around Heart è nato una sera di Gennaio del 2016, durante una chiacchierata sull’ultimo viaggio fatto poco prima. Il nostro intento era e continua ad essere quello di mostrare quanta bellezza vedono i nostri occhi. È così che abbiamo deciso di intraprendere questo grande “viaggio” che vuole dare agli amici e a chi seguiva già le nostre avventure, la possibilità di ammirare e apprezzare ciò che non sempre si riesce a vedere.
Come mai avete scelto l’Islanda come meta e oggetto del vostro lavoro?
L’Islanda era una meta che stavamo considerando già da diverso tempo. Un mix tra ghiaccio e fuoco, dove la natura regna incontrastata e dove l’uomo, tra le difficoltà climatiche e le enormi distanze che separano i vari centri abitati, ha saputo ambientarsi in una convivenza con essa davvero particolare. Questo senza rinunciare alle comodità moderne, ma rispettando il territorio nella sua immensa bellezza e cercando un’armonia che si riesce a percepire in ogni parte di questa bellissima terra.
Il nostro viaggio nello specifico è stato per lo più immerso nelle lande gelate ai piedi dei ghiacciai, continuamente alla ricerca dei particolari più suggestivi, i colori più intensi e di quel silenzio come pochi altri luoghi possono offrire. Un silenzio interrotto soltanto dall’acqua che scorreva sotto il ghiaccio, creando suoni quasi cosmici, e dal fragore delle cascate che in questa terra sono molto numerose.
Il motivo principale, però, che ci ha portato così lontano è stato quella della ricerca della favolosa aurora boreale, di cui abbiamo potuto vedere le danze in diverse occasioni e per diverse ore, lasciandoci ad ogni spettacolo con quello stupore e quell’entusiasmo che si vede negli occhi dei bambini. Il viaggio in Islanda è stato davvero un’esperienza unica, difficile forse da raccontare. Bisogna viverla per poter capire.
Le postazioni degli scatti sono state progettate a priori oppure sono state scelte in itinere, durante il viaggio?
Abbiamo studiato il tour islandese seguendo inizialmente quelle che sono le attrazioni più gettonate, anche considerando che nel periodo in cui lo abbiamo realizzato, l’affluenza turistica era davvero limitata, pertanto sarebbe stato semplice riuscire a scattare senza troppe difficoltà. Il nostro modo di viaggiare non segue troppo le solite linee turistiche, ma abbiamo comunque deciso di realizzare degli scatti in quelle locations perché sono comunque splendide e poi, se permettete un po’ di ironia, sarebbe stato un po’ come andare a Roma per la prima volta e non fotografare il Colosseo.
Il resto del viaggio lo abbiamo però vissuto come siamo soliti fare, ovvero dedicandoci alla pura esplorazione, ascoltando un po’ l’istinto che solitamente non delude le nostre aspettative e confidando anche nella fortuna. Spesso ce ne vuole davvero tanta, soprattutto in luoghi così selvaggi e sconosciuti.
Quanto hanno influito le condizioni climatiche sulla riuscita o meno del lavoro?
Per quanto riguarda le condizioni climatiche siamo stati molto fortunati, a esclusione di qualche giorno in cui le bufere di neve ci hanno fermato. Per il resto del viaggio abbiamo quasi sempre trovato le condizioni ideali per poter realizzare i nostri scatti migliori. Sono stati proprio quelli che finora ci hanno dato tante soddisfazioni nei concorsi più importanti dell’anno in corso.
Se aggiungiamo anche l’esperienza maturata dopo diversi anni di pratica sul campo, possiamo affermare che non troviamo eccessivamente difficoltoso capire dove poter scattare e soprattutto quando. Abbiamo imparato a valutare le temperature, il vento ed il tasso d’umidità, per poter poi scegliere al meglio il momento e gli spot dove realizzare le nostre sessioni di lavoro. Le condizioni sono sempre una conseguenza di ciò che c’è prima ed è proprio in questo modo che portiamo avanti le nostre esplorazioni, anche se può capitare che il cambio repentino di uno di questi fattori, crei il rischio che si presentino delle condizioni sfavorevoli e sia impossibile lavorare.


Quali sono le regole e le tecniche che adottate nel vostro lavoro?
Riguardo la parte più tecnica della fotografia, ci basiamo soprattutto su tre regole compositive e sulle quali rimaniamo in maniera abituale, ovvero i terzi, le diagonali e più saltuariamente le spirali, molto più rare in composizione. Ogni nostro scatto segue praticamente sempre una di queste costanti. Cerchiamo di sfruttare le sezioni auree cercando di, passatemi il termine, “colpire” l’occhio e salvo qualche eccezione, il soggetto della foto non viene mai posto al centro. In base alla situazione climatica e alla luce naturale, vengono utilizzati appositi filtri che, a seconda delle proprie caratteristiche tecniche, contribuiscono a quello che poi sarà il risultato finale. Cerchiamo di limitare la post produzione cercando di ottenere sin da subito un ottimo scatto e lavorando in post solo su eventuali aree che, in fase di scatto, sono inevitabilmente leggermente sottoesposte o sovraesposte.
Qual è la vostra idea di fotografia e del ruolo del fotografo?
Ritenendo la fotografia una vera e propria arte, il fotografo si esprime con il proprio stile e questo contribuisce spesso nel riconoscere qual è l’artista dietro innumerevoli realizzazioni. Ogni amante della fotografia sente il bisogno di vedere anche tutto ciò che gli altri artisti hanno fatto. A volte serve come ispirazione, a volte serve per dare una certa carica, a volte serve semplicemente per imparare e migliorarsi. Per chi invece si vuole avvicinare a questo mondo, diciamo che la fotografia è emozione, è coraggio, è un modo di vivere e per vivere. La fotografia è ha davvero tantissime sfumature, le quali raccontano attimi, storie ed emozioni. Pensiamo che non importi quali sfumature di quest’arte si decide di seguire, ma l’importante è farlo con passione, semplicità e soprattutto per un proprio equilibrio con se stessi.
Quali sono state le sensazioni che avete voluto intrappolare nei vostri scatti?
Ciò che proviamo a fare con i nostri scatti è quello di provare a suscitare le stesse emozioni che proviamo noi quando ci troviamo davanti ad una natura che toglie il fiato. Non è per niente semplice, ma l’impegno che mettiamo nel realizzare questo è davvero enorme, animato anche dall’amore incondizionato per la natura stessa che scorre nel nostro DNA. Siamo innamorati del nostro pianeta e ci auguriamo che i nostri scatti servano anche a far riflettere sul fatto che molte delle ricchezze che abbiamo, stanno andando perdute proprio per l’indifferenza che la modernità porta avanti riguardo quello che poi è vita. La frenesia dei tempi d’oggi ed il consumismo, ci fanno forse dimenticare quanto invece sia stupendo il mondo e tutto ciò che c’è fuori dalle gabbie di quella che noi chiamiamo civiltà.
Cosa avete provato una volta arrivati in Islanda?
Con il nostro progetto vogliamo riportare le persone a riscoprire la semplicità dei paesaggi incontaminati. Una semplicità che è lì ad aspettare che venga riscoperta, vissuta e amata. Arrivati in Islanda e più precisamente a Reykjavik, abbiamo inizialmente notato diverse similitudini che quotidianamente viviamo nelle nostre giornate, ma appena superata la periferia della città, ai nostri occhi si è aperto un mondo completamente nuovo e selvaggio. E’ lì che è nato il nostro motto “Enjoy your freedom”. Appena fuori la capitale islandese, sulle prime distese di neve delle quali non si vedeva la fine. A parer nostro l’emozione che riesce a provare lì è quella della libertà. Proprio questa emozione riscoperta in Islanda, ci ha portato ad ampliare ancora di più i nostri obbiettivi e abbiamo deciso di intraprendere un’altra grande fatica in un tour molto impegnativo del quale, forse un po’ per scaramanzia, preferiamo non accennare troppo. Vi possiamo anticipare che durerà circa un mese e che ci porterà a fotografare davvero tantissime locations che stiamo studiando da circa quattro mesi, su un percorso che si districherà per circa 10.000 chilometri.