Buongiorno a tutti!
Oggi si parla di fotografia, e ho preparato per voi la prima parte di una bella intervista con il giovane fotografo Alessandro Cinque. Passiamo alle presentazioni:

Alessandro Cinque, toscano, ha coltivato la sua passione per la fotografia fin da bambino. La sua dedizione, con la complicità del suo talento, lo hanno portato a collaborare con brand importanti e artisti affermati nonostante la giovane età. Dopo queste esperienze, apre il proprio studio fotografico a Firenze con il fotografo fiorentino Nicola Santini, spaziando dalla pubblicità alla wedding photography. Iniziando a girare per il mondo, scopre il suo habitat naturale nel viaggio. Nascono così i suoi reportage di paesi dell’Africa e dell’Asia.
Ho avuto occasione di conoscere, virtualmente, Alessandro scrivendo un articolo per Floornature riguardo al suo progetto fotografico sulle cave di marmo della Versilia. Se amate il bianco e nero, non potete non leggerlo e sfogliarne le fotografie qui.

Passiamo finalmente all’intervista! E’ ora anche per voi di conoscere Alessandro Cinque…buona lettura 😉
Intervista ad Alessandro Cinque, fotografo
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La tua passione per la fotografia è iniziata da giovanissimo, quando a 10 anni tuo padre ti regala una macchina fotografica a pellicola. Ci racconti qualcosa del giovane Alessandro? I primi scatti, i primi sogni, i primi traguardi?
Fin da bambino mi hanno sempre attratto i vissuti delle persone, i comportamenti di ogni giorno e l’importanza, spesso coperta dalla normalità del gesto, che hanno le azioni ripetute. L’idea era quella di vedere oltre l’immagine che avevo di fronte o piuttosto di “guardaci dentro” identificando le armonie, le dissonanze ed i contrasti che compongono le scene banali che mi accadevano attorno, come quelle in cui una signora va a fare la spesa o chiacchiera con le amiche. Mi piaceva immaginare come quel ritmo che avevo di fronte si sarebbe trasformato nell’immagine successiva.
Il fascino per la camera oscura, buia, con l’attenzione che si focalizza soltanto sull’unica luce rossa che resta, ha caratterizzato il mio percorso fin dall’infanzia, così come l’ammirazione per mio padre a lavoro che, dalla pellicola, riusciva a tirare fuori scene di vita.
Finalmente arrivò il giorno della Comunione, quando Giovanni, mio padre, mi regalò la mia prima macchina fotografica: una yashica fx super 2000 con la quale tutt’oggi mi diverto a scattare.
Subito tentai di trasporre in immagine la realtà che avevo accanto, scattando foto di mia nonna e delle sue compagne intente a svolgere le loro consuete attività. “Vendevo” le foto al negozio felice di poter comprare, con il ricavato, le figurine e tutto ciò che un bambino di 10 anni può dire indispensabile!
- Quando hai capito che la fotografia sarebbe stato il tuo lavoro? C’è stato un episodio particolare che ha sancito questa scelta?
Cresciuto a “pane e fotografia”, a 16 anni affiancai per la prima volta mio padre all’opera: iniziai da supporto, tenendogli flash e ai 18 realizzai già da me il mio primo servizio fotografico per un matrimonio.
Senza frequentare una scuola di fotografia ho appreso dall’approccio diretto i rudimenti necessari. La combinazione di questi con il forte bisogno di raccontare il mondo intorno ha fatto sì che lo scatto divenisse la linea guida del mio pensiero e del mio agire.
Così, deciso, ho intrapreso la strada che oggi seguo con determinazione: a 20 anni ho aperto il mio Studio Fotografico, mixando abilmente insieme passione e lavoro. Se fotografare significa scrivere attraverso la luce, l’obiettivo che mi pongo è quello di raccontare storie di vita, offrendo all’indagine sociale ed al desiderio di esprimere e comunicare un necessario e valido strumento. Come una traccia, la fotografia è una testimonianza che contiene me, “l’altro” ed il confronto indispensabile che tra di noi prende vita.


- Quali fotografi ti hanno ispirato, quali lo fanno ancora oggi?
L’ammirazione per i noti protagonisti della Fotografia, che io amo definire quella con la F maiuscola, segna senza dubbio il mio percorso di crescita intellettuale.Tra questi Cartier – Bresson, Ansel Adams, Robert Capa e le grandi imprese della Magnum, ma soprattutto Alex Webb per l’immediatezza e l’equilibrio compositivo attraverso cui le sue opere raccontano “il mondo”, i grandi fotografi italiani, Podavini, Scianna, Gardin, Dondero, Cito, Branzi, Bazan ( con cui andrò in Perù per partecipare ad un suo Workshop)… e Francesco Zizola.
Quella sua stessa passione per il fotogiornalismo, per l’intensità e la direzione delle immagini, per la necessità di un’approccio critico alla realtà e di una visione antropologica, mi hanno spinto circa un paio di anni fa a dare vigore ad un modo diverso di fare fotografia.
Dai reportage d’integrazione in Italia ai grandi viaggi in Africa, Birmania, India, Australia e Giappone, oggi sto investendo realmente nel mio lavoro e nella mia passione cercando di dare voce a territori lontani, a minoranze inascoltate, a storie che necessitano di essere comunicate, raccontate, espresse.

- Che percorso hai fatto per arrivare al livello in cui sei adesso?
Quello che anima la mia attività è l’essere continuamente alla ricerca, aver voglia di provare e sperimentare sul campo, essere sempre pronto a scoprire la realtà da nuovi punti di vista.
La curiosità, l’ascolto ed il confronto con gli altri sono indispensabili.
L’analisi di che cosa desidero sia la fotografia per me, la voglia di sperimentare e la ricerca continua di prospettive e tecniche necessarie per dare forma ad immagini che rendano effettivamente l’idea di ciò che ho da dire, mi hanno spinto ad approfondire di molto i miei studi, sia da autodidatta attraverso libri, riviste e l’aggiornamento continuo, sia attraverso workshop ed esperienze guidate dai grandi maestri.
E’ ancora molto lunga la strada che ho deciso di intraprendere per arrivare a ciò che considero essere “un buon livello” ma per ora l’età è dalla mia parte e sono tantissime le idee che ho in testa ed i nuovi progetti a cui sto per dare forma.
- Come mai dopo anni di collaborazioni orientate alla “ costruzione” di una fotografia sei passato ad una fotografia più reale ed immediata come quella del reportage?
La passione per il racconto guida da sempre il mio approccio fotografico e la “costruzione” della mia fotografia non è mai stata artificiale o premeditata ma frutto della capacità di immaginare la scena che al presente avrebbe fatto seguito.
Crescendo ho imparato a dare voce chiara ed efficace a questo modo di operare. Ho sentito l’esigenza forte di dire la mia e di portare alla luce argomenti e tematiche che sarebbero altrimenti rimaste al buio, inascoltate.
Ogni fotografia è per me il risultato della commistione tra il mio mondo, il mio background, il mio pensiero e le immagini che ho di fronte. , sempre aggiornata con i suoi viaggi e le sue fotografie

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Finisce qui la prima parte della mia intervista ad Alessandro Cinque, spero che vi sia piaciuta! Trovate Alessandro su Facebook con la sua pagina Alessandro Cinque Photographer, sempre aggiornata con i suoi viaggi, nuove fotografie e tante iniziative.
Vuoi leggere come finisce l’intervista? Trovi la seconda parte qui
Al prossimo post! Stay tuned 🙂
☀ Baliz ☀
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